La coperta di Linus
La pressione promozionale cresce, questa non è una novità, e non è neppure purtroppo neanche una novità che questo trend stia persino accelerando. La baldoria di offerte ancora in corso è iniziata prima del Black Friday, ovvero l’ultima settimana di novembre, e non si è più fermata, con i due leader a buttare per primi benzina sul fuoco promozionale. A questo proposito potremmo dire che si è imboccata un’altra strada senza uscita perché da scelte così, sempre più difficilmente si potrà tornare indietro, oppure potremmo evidenziare con inquietudine che oltre a crescere il numero delle promo ora cresce pure il numero dei media con cui si comunicano le promo (pensiamo solo agli sfogliatori e alle newsletter digitali o ai social) e i format (come gli sconti orizzontali di categoria) e con loro la confusione nella testa dei consumatori. Ma, quello che più ci lascia basiti è che diversi retailer – inclusi player di peso – ammettono candidamente che se la pressione promozionale aumenta, le redemption calano e quindi – probabilmente – il ROI di queste iniziative è messo ancora peggio. La verità d’altronde sembra essere una sola: se una volta le promozioni servivano ad aumentare le vendite, oggi (come ci ha detto un category manager) “siamo arrivati a una sorta di guerra dei poveri”. In altre parole, le promo servono in grande parte a muovere dei volumi: da una settimana a un’altra, da un’insegna a un’altra, da un mese all’altro, da uno store a un altro, ma, sempre meno a stimolare delle vendite addizionali. Estremizzando, ma non più di tanto, potremmo dire che il rischio sempre più concreto è che si spendano milioni e milioni di euro per portare i consumatori a comprare quello che nel 90% dei casi avrebbero comprato, ma pagandolo sempre di meno…
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