FINALMENTE, MA…
È senz’altro doveroso unirsi al coro dei complimenti e delle congratulazioni, al giubilo e alla soddisfazione emersi in seguito all’approvazione della nuova legge del cinema e dell’audiovisivo varata dalla Camera dei deputati. C’è di che essere contenti in effetti, visto che i finanziamenti al comparto crescono del 60% in un periodo in cui invece i fondi a disposizione per altri settori economici scontano la rigidità della crisi. Dobbiamo riconoscere che finalmente ci si è resi conto dell’importanza strategica dell’audiovisivo nei fatti, e non solo nelle opinioni e nelle tante elucubrazioni verbali che si sono registrate negli ultimi anni mentre il grande e il piccolo schermo nostrani vivacchiavano rispetto a quanto si registrava invece in altri Paesi, che da anni li avevano trasformati in centravanti di sfondamento non solo per produrre ricavi e occupazione, ma anche per promuovere la loro immagine all’estero. Ebbene, adesso tutto questo anche da noi potrebbe essere possibile e fattibile, a condizione che…Già, perché com’è risaputo e inevitabile, la sola legge non basta: le fosse sono piene delle belle e buone intenzioni espresse in articoli e commi, mentre le situazioni che intendevano regolare continuano a languire se non a peggiorare. Infatti, bisognerà vedere quando entreranno in vigore i decreti attuativi (sono oltre un centinaio le leggi già promulgate a non averne), in modo da sapere come poterne concretamente approfittare. E anche quando i decreti arrivassero “a bomba” non sarebbero comunque sufficienti, se gli operatori a cui sono destinati non si prodigheranno non solo per approfittare dei fondi a disposizione, ma a spenderli al meglio mettendosi in gioco e assumendosi dei (grossi) rischi. E con gli operatori si intendono in primis i broadcaster e, in secundis – come direbbe il commissario Montalbano -, i produttori. Perché pur se soldi e agevolazioni arrivassero come da indicazione di legge, occorrerà vedere se seguiranno le intenzioni e gli obiettivi posti dal ddl oppure se si troveranno i soliti escamotage e furbizie per realizzare contenuti con molta spesa e poca resa. Resa che dovrebbe essere editoriale e internazionale insieme, visto che nei presupposti della nuova legge è insito un cambio di rotta per quanto riguarda le produzioni, essendo privilegiate soprattutto quelle che guardano all’estero. Insomma, potremmo dire che la fiction televisiva si trova di fronte alla preziosa e forse irripetibile opportunità di operare un drastico cambiamento di paradigma, che non può permettersi di farsi scappare. Pena l’irrilevanza. In che direzione andare, l’abbiamo segnalato anche nell’editoriale delle scorso numero quando titolavamo “Due rondini non fanno primavera”, indicando che con I Medici e The Young Pope (così come con Romanzo criminale e Gomorra prima di loro) l’Italia ha scoperto di avere le capacità, quando vuole, di competere sugli scenari internazionali.
A broadcaster, produttori, interpreti e autori il compito, arduo ma non impossibile, di fare in modo che anche in Italia esploda al più presto una calda e persistente estate audiovisiva.
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