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“L’ansia dei retailer associati a Aires per l’attuale situazione di mercato è grande” ha dichiarato ieri Albino Sonato alla presentazione dell’accordo dell’associazione con Accenture (news e-duesse: http://www.e-duesse.it/News/Distribuzione/E-partnership-tra-Aires-e-Accenture-128691 ): “Le contrazioni di sell-out sono importanti come vediamo dai dati presentati e questo trend si sta acutizzando in questi primi mesi visto che a gennaio la rete dei nostri sei soci riporta un calo dell’11% e febbraio – che stiamo ancora consolidando – rischia un tasso ancora più negativo. Questi indici sarebbero ancora più grigi se considerassimo l’andamento a parità di rete” ha aggiunto Sonato. Tra l’altro i dati forniti da Aires conteggiano nel dato totale “una proiezione a sell-out anche dei valori di vendita indiretta realizzati dai soci” come ha precisato il project leader di Accenture, quindi è probabile che se si considerassero i soli dati puri di sell-out l’indice sarebbe ancora più negativo. “Questi risultati ci preoccupano ma sono un barometro indispensabile e tempestivo per ogni nostro associato su qual è la prospettiva macro con cui si confrontano. Questo andamento non può non preoccuparci e farci attentamente riflettere sulle fortissime pressioni sui conti economici a cui le nostre società sono sottoposte” ha proseguito il presidente di Aires. “Oggi da una parte siamo spinti ad agire sui costi e gioco forza anche su quelli del personale che, infatti, stiamo già andando a ridurre nostro malgrado; non ritengo ci saranno assunzioni se non legate a nuove aperture o alle aperture domenicali, ma qui spesso si parla di contratti giornalieri. Dall’altro il calo dei consumi deve spingerci a vendere meglio, anche per recuperare punti di marginalità, ma è altrettanto vero che non è così facile oggi vendere i segmenti e i prodotti di alta fascia senza agire sulla leva promozionale”. Il presidente di Aires ha poi concluso facendo riferimento allo scarso interesse a investire e a puntare sul nostro mercato: “Non sottovalutiamo che oggi anche i grandi brand sono molto attenti al profitto e quindi stanno razionalizzando le produzioni poco redditive e gli investimenti sulle diverse country; non è un caso che alcuni marchi oggi sono meno focalizzati sul nostro Paese dove si vende poco, e dove c’è un confronto competitivo fortissimo e si perde anziché guadagnare”.
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