Quello del Decreto quote, con gli obblighi di investimenti e programmazione a favore del cinema, è un approccio inefficace e occorre chiarire i dubbi sulla legittimità del decreto stesso. È quanto dichiarato ieri dall’Istituto Bruno Leoni-Ibl ed e-Media Institute alla presentazione della terza edizione del rapporto sul sistema audiovisivi italiano. Secondo l’Istituto, si tratta di una traduzione inefficace di un intento politico in un obbligo. L’obbligo di programmazione, come riporta Il Sole 24 ore marketing, stimola una produzione di titoli spesso a basso costo e di basso valore di attrazione, mentre la moltiplicazione dei titoli prodotto non corrisponde alla crescita del mercato. Per quanto riguarda il rapporto, nel 2016 il sistema della comunicazione in Italia valeva 58mld di euro. Il settore editoriale (televisione, radio, cinema, home video, videogiochi, musica preregistrata, carta stampata e internet) ha attratto 24,1mld, per un incremento del 2% rispetto al precedente. Si tratta di livelli pari al 2013. Nel 2010, le risorse del settore dei contenuti editoriali valevano 28mld, incidendo per l’1,75% sul Pil. La televisione vale il 40% del mercato dei contenuti editoriali, mentre internet ha raggiunto quota 16%. La quota dell’editoria cartacea si è ridotta dal 39% al 34%. Fininvest, con Mediaset e Mondadori, è il primo operatore del mercato 2016, seguito da Sky, Rai e Google
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