I broadcaster invocano stesse regole per free, pay e online
Tv in chiaro, pay e online: distinguere tra modelli di business, piattaforme e tecnologie non ha più senso dal punto di vista legislativo, pena l’imposizione di vincoli che, anziché tutelare la concorrenza, avvantaggiano chi questi vincoli non li ha. Concordano tutti su questo punto i maggiori broadcaster intervenuti ieri a un incontro all’Università Bocconi di Milano sulle nuove prospettive nella definizione dei mercati. A partire da uno studio realizzato da Michele Polo, docente dell’ateneo, e Augusto Preta di ItMedia Consulting, che mostra come oggi non abbia più ragion d’essere la differenza tra tv gratuita e pay, tanto che con la crescita dell’offerta tematica free sono calati gli abbonati alla pay tv. «Non c’è dubbio che tutte le piattaforme video concorrono sull’audience, sulla pubblicità, sugli abbonamenti e anche sui contenuti», ha dichiarato Gina Nieri, consigliere d’amministrazione Mediaset e responsabile degli affari regolamentari. «Ma c’è qualcuno che gioca sul mercato completamente sbrigliato da qualsiasi regola e chi invece è costretto a misurare i centimetri nei quali si muove».
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