La ‘guerra’ del canale (che tocca anche i brand)
Quando il 30 settembre scorso Euronics ha annunciato l’ingresso di realtà importanti nella compagine del Gruppo, quali sono Comet e Sme, lo ha fatto puntualizzando come l’entrata delle due insegne (con decorrenza 1° gennaio 2020) ponesse “la catena nel vertice dei retailer della distribuzione dell’elettronica di consumo in Italia”. Sottolineando l’uso della parola ‘catena’ per un gruppo d’acquisto, emergono più considerazioni. La prima: sappiamo molto bene che l’unione di masse critiche – un obiettivo da sempre perseguito dai buying group – è finalizzato a ottenere condizioni di acquisto maggiormente favorevoli con l’industria, oltre che guadagnare ‘adeguate’ contribuzioni, ma è altresì vero che l’eterogeneità degli attori che compongono i gruppi d’acquisto è stato da sempre il vero tallone di Achille di queste realtà, sebbene con problemi e dinamiche interne diverse. Ed è proprio qui che sta la maggior pressione competitiva del canale perché le organizzazioni di più soci (e di più teste da mettere d’accordo) si confrontano, da una parte, con le grosse realtà che appartengono ai ‘potenti’ gruppi internazionali e, dall’altra, con le aziende quotate in borsa che fanno un mestiere (e hanno obiettivi) diverso da un retail ‘puro’. In questa ‘gara’, Euronics, con l’ingresso di due nuovi soci di tale portata, ha evidentemente scelto di procedere in solitaria, puntando su un marchio globale qual è Euronics International, così come dice Maurizio Andronico, presidente di Bruno, nell’intervista interna: “ci dà maggiore forza in termini competitivi rispetto a tanti altri marchi della distribuzione, anche online”. Una decisione che sposta inevitabilmente i riflettori su Gre ed Expert e sulla tanto chiacchierata loro unione.
Seconda considerazione: nello scenario sopra descritto, la concentrazione incalza. La domanda da porsi è: sarà un bene? Molte volte abbiamo scritto che in un canale frammentato come quello italiano, uno sfoltimento degli operatori avrebbe fatto emergere la ‘meritocrazia’ del retail; dall’altro lato, se prendiamo per un attimo ad esempio quello che è successo con l’impennata del settore Tlc nei negozi specializzati, in cui il prodotto smartphone ha inglobato in sé una serie enorme di altre categorie (fotocamere, videocamere, MP3 player…) razionalizzando di fatto i lineari e i fatturati, questo fa emergere in parallelo che la moria di rivenditori è una questione che coinvolge anche l’industria, se pensiamo che non tutti i produttori (a meno di chiamarsi Apple o Dyson) hanno la forza di aprire una catena significativa di negozi monomarca e avere quindi una propria distribuzione capillare.
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