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Se è vero che l’unicità del retail è data dai valori che hanno creato l’insegna, dalla sua storia e dall’evoluzione che ne è scaturita, è vero anche che il desiderio di cambiare è oggi quanto mai sentito perché il canale vive da tempo l’”effetto disruption” ovvero quell’esigenza di rompere regole, modelli e consuetudini per ricostruirne di nuovi. A ben pensare, per aumentare la hit rate e lo store traffic, ma soprattutto per creare engagement con privati e professionisti, è necessario fare la differenza ed essere più centrati e attuali. E uno dei punti sui quali lavorare è sicuramente l’experience che deve essere riconoscibile e identificabile con l’insegna, ma anche con i marchi che si rappresentano. Un esempio fuori dal nostro settore? Si pensi agli alimentari bio e alla loro evoluzione: da piccoli negozi spogli e poco curati a veri e propri store molto più ordinati, con layout chiari e vetrine che stuzzicano gli acquisti anche di chi al bio non aveva ancora pensato… Con il risultato che il target si è allargato, e gli scontrini sono di conseguenza aumentati. Evolversi fa bene? Assolutamente sì, l’importante è capire in quale direzione. E il retail, insieme ai partner più importanti, ha il compito complesso di mettere in atto il cambiamento e fare scelte mirate in base al target che ha e che vorrebbe attrarre. Quindi, rompere sì, ma per costruire nuove strategie di contenuto. Ma dove focalizzarsi per chi vuole intraprendere una “disruption strategy”? Forse il punto più importante dal quale partire è comprendere che il negozio tradizionale non può essere “tutto per tutti” (concetto vecchio, ma ancora molto radicato…), quindi bisogna lavorare sulla value proposition, sui touchpoint (fisici e digitali) che sono molto cambiati rispetto al passato e sulla costruzione di una nuova customer journey (il percorso e tutti i punti di contatto tra un consumatore e un marchio, un prodotto o un servizio), che non è più lineare come suggerivano in passato i teorici del marketing, ma più complessa e articolata. A questo va aggiunto che i consumatori decidono gli acquisti quando si trovano in un negozio fisico, quindi l’allestimento, le composizioni, il merchandising, le vetrine – giusto per fare qualche esempio – sono leve che andrebbero sfruttate maggiormente ai fini delle vendite. Non dobbiamo dimenticare poi che i clienti continuano a preferire prodotti in azione e funzionanti per poterli provare prima dell’acquisito (si pensi agli elettrodomestici di ultima generazione e a tutte le funzioni che offrono). Perché allora non pensare in ottica “disrupting” e cambiare il modo di esporre/proporre i prodotti? Ed è proprio questo il concetto: cambiare per costruire qualcosa di nuovo, di migliore, per corrispondere meglio alle aspettative del consumatore. Per distinguersi e per assicurarsi un posto nel mercato di domani servono nuove idee, investimenti mirati, attenzione, dedizione e sensibilità, ma soprattutto non deve mancare una buona dose di passione e coraggio.
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