Tanto tuonò che piovve
Le parole d’ordine sono selezione e razionalizzazione, che – tradotte in soldoni – vorrebbero dire: non c’è più spazio per tutti. Già, perché la riflessione che andava facendosi negli ultimi cinque anni sul sorgere inusitato di un gran numero di canali che sulla carta non sembravano avere sufficiente carburante – ovvero budget e contenuti di proprietà – per poter sostenere la competizione delle audience, adesso è giunta (verrebbe da dire, finalmente) al capolinea.
Negli ultimi mesi diversi operatori, ormai in affanno, hanno cercato di riposizionarsi, mentre alcuni hanno ceduto frequenze ad altri con le spalle più larghe, che le hanno riconvertite in canali a completamento dei loro bouquet. Si dice che per gli acquirenti i tempi siano maturi per qualche buon affare. D’altra parte, era inevitabile che andasse a finire così: le reti lineari con lo zero-virgola di share si sono rivelate una costosa soluzione per occupare posizioni sul telecomando.
A meno che questi procacciatori di nano-share non facciano parte di un sistema di canali combinabili, in un’offerta commerciale articolata e customizzabile a misura di inserzionista: la logica del web traslata in tv. Il che non è da tutti, anzi gli operatori free con una simile portata di fuoco si possono contare sulle dita di una mano, da Rai a Mediaset, passando per Discovery e a seguire – a debita distanza – Viacom.
L’uscita dal mercato free di Sony e DeAgostini, le “intermittenze” dei quattro canali del gruppo Alma Media, prima ancora c’era stata la “dipartita” del gruppo Giglio, la dicono lunga sul fatto che il business tv in Italia non sia certamente facile né per tutti. Dopo gli iniziali entusiasmi di novelli tycon nostrani del digitale, i nodi sono venuti inevitabilmente al pettine. E se all’inizio a farne le spese è stata l’emittenza locale, adesso è il turno di quella nazionale. Neanche la tv pay lineare potrà a lungo ritenersi immune.
Cosa succederà quando Sky diventerà a tutti gli effetti un operatore telco? Il cambio di modello di business come influirà sulle scelte dei partner editoriali? Per non parlare dell’incognita dei nuovi servizi ott.
Non c’è che dire, questo 2020 si preannuncia gravido di conseguenze così come di prospettive. Almeno per chi ci sarà.
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