Dentro al format del Covid-19
Siamo finiti dentro il format del coronavirus quasi senza saperlo. E il genere di questo virus, che dopo la Cina ha preso in ostaggio l’Italia e l’Europa nonché il mondo intero trasformandosi in pandemia, è la paura. Siamo immersi in un grande reality dall’ambientazione horror, e la televisione con i suoi programmi di informazione in loop 24 ore su 24, gli show sospesi a raffica e quelli in onda senza pubblico, con conduttori cambiati o del tutto cancellati, gli annunci ufficiali alla nazione di presidente della Repubblica e premier, sono come una sorta di
In questa tragica emergenza, con continui bollettini sul numero delle persone infettate e decedute, la televisione come rito collettivo di una comunità si è rilevata fondamentale per informare e intrattenere, grazie alla sconfinata offerta di canali lineari e non che propone a 60 milioni di italiani tappati in casa per eludere il contagio, e come compagna di strada: fioccano le notizie di giornalisti contagiati, altri rimangono in redazione e in strada per seguire gli aggiornamenti, mentre gli show cercano di alleggerire la tensione per distrarre come meglio possono. Risulta poi paradossale che proprio quando la tv in tutte le sue espressioni – dalla generalista all’on demand – moltiplica gli ascolti, sia destinata a subire un contraccolpo pubblicitario a causa delle ricadute economiche che tutto questo sconvolgimento avrà sul Paese. Ma ancora una volta, per l’ennesima volta, ci si offre l’occasione per rendersi conto di come una televisione veramente di servizio, che vada incontro alle reali esigenze del pubblico, abbia in sé, quasi innate, le qualità per giocarsela con qualsiasi competitor.
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