Cosa e chi siamo?
È particolare questo numero di Business People quasi quanto i tempi che stiamo vivendo. Probabilmente perché li rispecchia, riflettendo le incertezze e i timori, così come le possibilità, che si profilano all’orizzonte. E questo perché raccontiamo di come la pandemia non solo sta stravolgendo la nostra economia ma cambierà i connotati stessi delle aziende: anche in virtù dell’esplosione dello smart working, secondo Kpmg, in Uk potrebbero disfarsi di almeno un quinto dello spazio fisico di cui dispongono, in Italia invece certi osservatori rilevano che le imprese si sono rese conto di poter fare a meno del 20% dei propri collaboratori.
Si tratta di condizioni che esulano dall’impatto della crisi, perché sono i risultati dello stress-test subito dalle imprese. Insomma, ci siamo trasformati in una sorta di laboratorio globale, e sono scoperte che nel bene e nel male impatteranno sul nostro modo di pensare l’organizzazione stessa del lavoro. Mentre a non cambiare, stavolta decisamente nel male, sono le mire che la criminalità organizzata sta affinando per potersi impadronire delle attività economiche in difficoltà. Perché rischiamo che le tante società allo stremo si trasformino in prede e strumenti delle mafie, sempre più sensibili e tempestive dello Stato a individuare gli spiragli dove intrufolarsi e fare attecchire la loro malapianta. Per questo abbiamo bisogno di antidoti ancora più forti contro i reati, e flessibili nei confronti di chi vuole fare legalmente impresa. Visto che, di solito, accade il contrario… Questo perché quello dello Stato è certamente un ruolo così decisivo che un gruppo di imprenditori e studiosi temono muti addirittura in decisionismo, ovvero in un intervento invadente e castrante.
Si parla già di nascente statalismo, che minaccia di imprimere un’inversione involutiva alla nostra economia, a causa di una politica – come sottolinea il prof. Belardinelli nell’intervista che trovate su questo numero – impegnata nella distribuzione della ricchezza, e noncurante verso coloro che tale ricchezza la producono, uno Stato che non crea le condizioni affinché nel tessuto sociale e civile maturi quella sana disponibilità al rischio che sta alla base dell’imprenditorialità, e che abbandoni ogni aspettativa di consenso elettorale cogliendo l’occasione per realizzare quegli interventi strutturali (dal fisco ai costi dell’apparato pubblico, passando dalla burocrazia alla giustizia) di cui abbiamo bisogno da decenni. Stiamo affrontando un passaggio cruciale della nostra storia nazionale, come agiremo ci dirà cosa e chi veramente siamo come Paese e come società.
Vito Sinopoli
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