Si vince insieme o si perde tutti
Tra le tante cose che la pandemia sta insegnando alla nostra distratta umanità è che quelle che fino a febbraio 2020 consideravamo irrinunciabili priorità non sono più tali. Ovvero che, immersi come siamo in un mondo in cui la complessità è la nota comune di ogni dimensione – sociale, politica, economica e culturale –, se intendiamo sopravvivere e progredire come persone e come comunità, dobbiamo essere perennemente disposti a dare risposte concrete a una realtà in continuo mutamento. Cosa che, a guardare bene, è quanto – in linea generale – sono chiamate a fare da sempre le aziende: cambiare la propria offerta di prodotti e di servizi in base all’evoluzione delle esigenze dei propri clienti. Bisogna essere attenti al cambiamento, farsi resilienti.
Questa pandemia dimostra però che negli ultimi anni non siamo cambiati abbastanza, che non abbiamo dato sufficiente ascolto al benessere dell’habitat naturale e sociale in cui viviamo: eravamo intenti a guardare altrove. Lo choc sanitario ci ha fatto assumere piena consapevolezza (anche se ne parlava prima, ma non sempre con grande convinzione) che, relativamente alle imprese, per esempio, il profitto è legittimo nella misura in cui è sostenibile. Altrimenti è una perdita. Alla lunga non solo per l’impresa in oggetto, ma per tutti. Mai parole come quelle pronunciate da Papa Francesco in questi mesi suonano così sacrosante: «Si vince insieme o si perde tutti».
È per questa ragione che, in questo inizio del 2021 – che sancisce il quindicesimo anno di pubblicazione di
Vito Sinopoli
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