Il quarto pianeta era abitato da un uomo d’affari. Questo uomo era così occupato che non alzò neppure la testa all’arrivo del piccolo principe. «Buon giorno», gli disse questi. «La vostra sigaretta si è spenta». «Tre più due fa cinque. Cinque più sette: dodici. Dodici più tre: quindici. Buon giorno. Quindici più sette fa ventidue. (…) Ouf! Dunque fa cinquecento e un milione seicento ventiduemila settecento trentuno». «Cinquecento e un milione di che?» «Hem! Sei sempre lì? Cinquecento e un milione di … non lo so più. Ho talmente da fare! Sono un uomo serio, io, non mi diverto con delle frottole! Due più cinque: sette…» «Cinquecento e un milione di che?» ripeté il piccolo principe che mai aveva rinunciato a una domanda una volta che l’aveva espressa. (…) L’uomo d’affari capì che non c’era speranza di pace. «Milioni di quelle piccole cose che si vedono qualche volta nel cielo». «Di mosche?» »Ma no, di piccole cose che brillano». «Di api?» «Ma no. Di quelle piccole cose dorate che fanno fantasticare i poltroni. Ma sono un uomo serio, io! Non ho il tempo di fantasticare». «Ah! di stelle?» «Eccoci. Di stelle». (…)«E a che ti serve possedere le stelle?» «MI serve ad essere ricco». «E a che ti serve essere ricco?» «A comperare delle altre stelle, se qualcuno ne trova». Questo qui, si disse il piccolo principe, ragiona un po’ come il mio ubriacone. Ma pure domandò ancora: «Come si può possedere le stelle?» «Di chi sono?» rispose facendo stridere i denti l’uomo d’affari. «Non lo so, di nessuno». «Allora sono mie che vi ho pensato per il primo». «E questo basta?» «Certo. Quando trovi un diamante che non è di nessuno, è tuo. Quando trovi un’isola che non è di nessuno, è tua. Quando tu hai un’idea per il primo, la fai brevettare, ed è tua. E io possiedo le stelle, perché mai nessuno prima di me si è sognato di possederle». «Questo è vero», disse il piccolo principe. «Che te ne fai?» «Le amministro. Le conto e le riconto», disse l’uomo d’affari. «È una cosa difficile, ma io sono un uomo serio!» Il piccolo principe non era ancora soddisfatto. «Io, se possiedo un fazzoletto di seta, posso metterlo intorno al collo e portarmelo via. Se possiedo un fiore, posso cogliere il mio fiore e portarlo con me. Ma tu non puoi cogliere le stelle». «No, ma posso depositarle alla banca». (…) Il piccolo principe aveva sulle cose serie delle idee molto diverse da quelle dei grandi. «Io», disse il piccolo principe, «possiedo un fiore che innaffio tutti i giorni. Possiedo tre vulcani dei quali spazzo il camino tutte le settimane. Perché spazzo il camino anche di quello spento. Non si sa mai. E’ utile ai miei vulcani, ed è utile al mio fiore che io li possegga. Ma tu non sei utile alle stelle…» L’uomo d’affari aprì la bocca ma non trovò niente da rispondere e il piccolo principe se ne andò.
Antoine de Saint – Exupéry, Il piccolo principe, 1943
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