Ott: oltre alla pubblicità arriveranno (finalmente) gli ascolti?
Quando il 22 ottobre 2015 Netflix veniva lanciata in Italia scrivemmo che nulla sarebbe stato più come prima. E in effetti d’allora tutti gli operatori – persino i più tradizionali broadcaster – hanno dovuto imparare a misurarsi con una certa idea di industria audiovisiva di cui la piattaforma di Reed Hastings si è fatta per prima, ma non da sola ormai, portatrice. L’impatto – sotto il profilo editoriale in primis e dei costi di produzione dei contenuti in secundis – è stato enorme, e tutto sommato positivo, sia per chi crea i programmi sia per chi li fruisce.
Ora si è a un altro giro di boa: il fatto che The Big N abbia ufficializzato il suo (inevitabile) sbarco nel mondo della raccolta pubblicitaria, segna un altro banco di prova, stavolta per le concessionarie di tutti gli operatori, video e non solo. L’essersi affiancati a un nome del calibro di Microsoft indica che nulla sarà lasciato al caso e che chiunque ambisca a reperire sul mercato investitori per i propri spazi dovrà fare i conti con una corrazzata non da poco. Solo che stavolta Hastings e i suoi non si troveranno presumibilmente la strada spianata: molti player tv hanno infatti da tempo ormai attivato sul fronte digital tutta una serie di servizi e monitoraggi per rendere più appetibili e trasversali le proprie offerte, sia lineari che on demand, fino ad arrivare alla radio. Pertanto, è probabile, presumibile, quasi certo, che venderanno cara la pelle. A meno che…
A meno che l’abbinata Netflix-Microsoft (che addirittura, secondo gli analisti internazionali, rischia di trasformarsi in un matrimonio) non si faccia portatrice anche stavolta di una svolta, ovvero sia in grado – anche in virtù dell’avvento sempre più pervasivo delle smart tv – di soluzioni advertising più evolute e interattive, con funzioni fino a oggi inesplorate. Allora sì sarà in grado di fare la differenza. Dopo di che sembra giunta finalmente l’ora che anche le piattaforme – perché insieme a Netflix arriverà Disney+, e a ruota le altre – si facciano una ragione di doversi sottoporre al monitoraggio e all’ufficializzazione dei loro ascolti. Inevitabilmente gli inserzionisti pretenderanno dati forniti da enti super partes, e inevitabilmente questi dati forniranno un perimetro più chiaro di quello che gli utenti amano guardare on demand, quando lo fanno e soprattutto chi lo fa.
Il che dovrebbe tradursi in un ulteriore passaggio per affinare sempre meglio l’offerta editoriale nel suo insieme e, per gli stessi produttori di contenuti, un elemento per sintonizzare i propri progetti. Come dire? Alla fine, non tutta la competizione verrà per nuocere…