Con una % minore di pirateria ci sarebbe più lavoro per tutti
Quando si mette a tema la pirateria nel settore cinematografico, sembra sempre di porre l’attenzione su qualcosa di indefinito, dai contorni vaghi. Aleggia nell’aria un senso di ineluttabilità, di una battaglia contro i mulini a vento, come se ogni tentativo di porre fine a questa piaga sia reso vano da un destino incontrovertibile. Eppure qualcosa si può e si deve fare, per il bene di tutti. Un caso virtuoso è stata la recente battaglia vinta dalla Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG), che ha ottenuto la chiusura di quasi 150 canali su Telegram che offrivano il download gratuito, e quindi illegale, di edizioni digitali di quotidiani, riviste e opere letterarie soggette alla normativa sul diritto d’autore. Certo, la vittoria della guerra è ancora molto lontana. Ma questo passo dimostra che si possono compiere azioni coraggiose che rendano la vita difficile ai pirati e a chi fruisce contenuti illegali. Se si riuscisse a ridurre la pirateria di contenuti cinematografici anche solo del 10-20%, significherebbe maggiori margini e, quindi, più investimenti possibili per tutte le società (produttori, distributori, esercenti e piattaforme legali).
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