Da insegna a brand
Se da un lato l’industria non smette di investire per costruire un’identità di marca importante – e le numerose interviste che abbiamo pubblicato negli ultimi numeri lo evidenziano – il retail fatica ancora a costruirsi un’immagine riconoscibile a prescindere dai marchi che rappresenta, tanto che si indentifica ancora molto con questi. A parte casi noti, parlando con numerosi negozianti ci siamo accorti che il retail tradizionale sottovaluta ancora troppo la sua forza attrattiva (che errore!), in più, sono pochi quelli che credono di poter rivestire un ruolo di “influencer nel campo dell’arredo e del design”, mentre noi siamo convinti che ci siano tutti i presupposti per diventare un brand e agire come tale.
Certo, non è cosa semplice, ma neanche impossibile, ed esempi virtuosi ce ne sono. Analizzando il modello di queste insegne appare chiaro che hanno investito in marketing e comunicazione (anche affidandosi a esperti e sfruttando molto il Web e i social), hanno identificato al meglio i loro valori (che sono differenti rispetto a quelli dei marchi che propongono) e li hanno rappresentati concretamente all’interno dello showroom dando vita a un coinvolgimento di esperienze. Il negozio si trasforma così in un luogo di condivisione dove toccare e provare i prodotti, fare attività di infotainment, vivere esperienze differenti che non si trovano altrove.
E la forza attrattiva di un’insegna nasce proprio da qui, ovvero dalla capacità o meno di far entrare in contatto fisicamente il cliente con una dimensione unica e nuova. Ovviamente, poi, per distinguersi ed essere riconoscibili, bisogna lavorare molto sul bacino d’utenza, sul network di privati e professionisti da fidelizzare e sul servizio da offrire. Bisogna, insomma, fare più attività di scouting e promuovere maggiormente la parte legata alla consulenza, al progetto e al post vendita, perché sono le leve più importanti.
È d’accordo con noi Massimo Bertamino, amministratore e responsabile commerciale di Cedi Spa, noto distributore campano, che nell’intervista di copertina a pag. 18 ci racconta il percorso di crescita della sua azienda, di come sia evoluto il modello di business e di quanto sia importante lavorare per diventare un marchio noto e riconosciuto sul territorio. Perché, come ha sottolineato, “il consumatore deve scegliere un’insegna per il valore aggiunto che ha e che dà, per la professionalità, per la consulenza e per la capacità di proporre marchi e stili”.
È questo, dunque, l’obiettivo che deve avere un moderno player per crescere sul mercato? Secondo noi sì, soprattutto oggi. E per farlo può prendere spunto dalle mosse dell’industria (e farsi sostenere) per diventare una realtà a tutto tondo.
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