La TV specchio del futuro
Karl Popper sosteneva che il futuro fosse aperto, che dipende dalle nostre azioni, che a loro volta dipendono dai nostri pensieri, desideri, speranze e timori; quindi, dipende da come vediamo il mondo e da come valutiamo le possibilità che si profilano. In breve, per avere un futuro migliore bisognerà prima di tutto immaginarselo. Pertanto, agire sull’industria dell’immaginario, che è certo la televisione insieme al cinema, al teatro, alla musica, alla letteratura, equivale ad agire sul futuro – economico ed emozionale – del Paese stesso. Sembra la classica scoperta dell’acqua calda, ma non lo è se si pensano i rischi che tale mercato sta correndo. Infatti, Ampere Analysis ha calcolato in 160mld di dollari la mancata crescita nei prossimi cinque anni per il settore dell’intrattenimento. Impossibile stabilire quanti saranno “pagati” dalle tv italiane, ma a giudicare da come si profilano le sorti della nostra economia, le perdite saranno percentualmente superiori alla fetta di mercato globale rappresentata dalle attività tricolori. Questo perché (per le note ragioni politiche e strutturali) il nostro Paese farà più fatica a recuperare rispetto alle altre nazioni europee; di riflesso, le concessionarie – con le maggiori delle quali abbiamo fatto il punto su questo numero – si troveranno a fare i salti mortali per portare a casa ricavi. Ma per nessuno sarà un’impresa facile visto che, secondo gli esperti, in termini di crescita la pubblicità (tv e online) lascerà sul terreno quasi 40mld di dollari quest’anno e altri 43mld nel 2021. E, come se non bastasse, il settore entertainment ci rimetterà 23mld. Mentre per la pay tv, orfana dello sport, si profilano perdite del 4%, al contrario dello streaming che sta crescendo del 12%.
È come se la pandemia avesse accelerato in due mesi l’evoluzione che ci si aspettava nei prossimi cinque anni, senza dare ai protagonisti il tempo di adeguarsi ai tempi che cambiavano. Quindi, è comprensibile e naturale lo smarrimento che si respira sul mercato, perché bisogna riparametrare tutto senza avere in mano gli elementi da cui partire. Il mondo della tv commerciale, che vive in tutto o in parte di pubblicità, ha bisogno che le aziende riprendano il controllo della propria produttività e acquistino fiducia, condizione che si ripercuoterà anche sulle pay tv e sullo streaming: se in autunno troppe aziende dovessero serrare i battenti, l’insicurezza generata nelle famiglie si rifletterà pesantemente sui beni voluttuari, come gli abbonamenti.
Il Paese ha bisogno di ricominciare a credere nel proprio futuro, e la televisione potrà fare moltissimo in questa direzione, attraverso un’informazione rigorosa e non contraddittoria, peggio ancora se litigiosa e maleducata, nonché attraverso una rappresentazione del Paese matura ed esemplare, e qui la serialità e il documentario saranno fondamentali. È vitale che i settori dell’intrattenimento, o cultura che dir si voglia, siano in prima linea assumendosi appieno la responsabilità (creativa e imprenditoriale) di tale compito. Dopo di che sarà difficile che non trovino – speriamo al più presto – qualcuno (inserzionisti, pubblico, istituzioni) disposti ad ascoltarli e a sostenerli.
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