Se non ora, quando?
Ebbene sì, finalmente abbiamo un progetto, un’idea di Paese, quanto meno un premier capace di incarnarla. Non sapremo come andrà a finire, ovvero se i partiti che si sono detti disponibili e aperti in sede di consultazioni, gli stessi che sono stati incapaci a gestire la situazione, metteranno i bastoni tra le ruote a Mario Draghi (il lupo perde il pelo ma non il vizio), ma alla fine potremo dire almeno di averci provato. C’è già un gran dibattito sul da farsi, su come spendere gli oltre 200 miliardi del Recovery Plan, su come rilanciare questo o quel settore, su come dovrà cambiare l’economia in un mondo che ha scoperto di doversi salvare dalla sua stessa ingordigia. E tutto questo è un bene, sono il primo a convenirne… Era ora! Tuttavia, credo che non si possano perseguire delle nuove virtù, se prima non si interviene sui vizi che, agendo in direzione contraria rispetto alle prime, rischiano di annullarne i benefici. Per intenderci, non possiamo spendere bene i soldi che arriveranno, se non cominciamo a spendere meglio i soldi che abbiamo già, intervenendo una volta per tutte sulle spese improduttive che gravano da tempi ormai biblici sul bilancio dello Stato a volte in modo bizzarro, altre scandaloso o scriteriato. Certo, gli imputati sul banco sono per primi gli enti locali, ma anche il governo centrale non scherza. A parte sussidi, prebende, pensioni anticipate e sanatorie varie, limitandoci alle performance dell’ultimo anno, potremmo puntare il dito contro i vari bonus biciclette e monopattini, l’insensatezza dei banchi con le rotelle, per non parlare degli spazi a forma di primule che il commissario Arcuri vorrebbe far costruire con grande dispendio (per non parlare della questione siringhe per il vaccino anti-Covid), quando nelle città con mancano certo le strutture (dagli stadi alle palestre, etc) per somministrare i vaccini. Siamo il Paese che finanzia con soldi pubblici le sagre più sconosciute e i festival più remoti, costruisce ospedali che non vengono attrezzati (e quindi vanno in malora), strade che rimangono deserte, progetti mai realizzati che continuano a drenare soldi (vedi il ponte sullo Stretto). Allo stato dei fatti nessuno sa quanto Draghi rimarrà a Palazzo Chigi, certo è che per realizzare tutti i buoni propositi che si è dato, occorrerebbero molti anni, che lui – come premier designato dal presidente della Repubblica – oggettivamente non ha. Ma di una cosa possiamo essere certi. Ed è che se questa opera di pulizia, di riordino delle casse dello Stato, non sarà in grado di farla Mario Draghi, ovvero il teorico della spesa buona e di quella cattiva, del debito buono e di quello cattivo, allora vorrà dire che non si farà mai più. Così, i rivoli che inutilmente e perennemente drenano denaro pubblico continueranno a farlo in eterno. Visto che nessun politico ricattato dalle urne elettorali avrà mai il coraggio, l’onestà intellettuale e la statura politica di farlo.
Vito Sinopoli
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