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Anche se, secondo il Sole 24 Ore, che riporta la notizia in anteprima, il business dell’entertainment videoludico sta spostandosi verso il digitale (che però, ad oggi, rappresenta ancora solo una minima parte – ad alta profittabilità – delle vendite videoludiche globali), il mercato videoludico tradizionale, come per altro avevamo previsto nel nostro reportage sul business natalizio (vedi TIM 1/2 2011, scaricabile in pdf nel link in questa pagina), rimane stabile anche di fronte alla generalizzata contrazione dei consumi. Il calo del 2,3%, con fatturato a 1,102 miliardi di euro (superiore al miliardo di euro per il terzo anno consecutivo), infatti, è dovuto soprattutto al calo delle console portatili (-21% a valore), un calo fisiologico legato soprattutto alla fine del ciclo generazionale di PSP e DS (usciti oltre 6 anni fa) e all’arrivo dei successori (NGP e 3DS nel corso del 2011). L’hardware è risultato complessivamente in calo a volume (-7,4%, con vendite di 2,3 milioni di unità) e a valore (-8,9%, con entrate di 457 milioni di euro) ma le home console (Wii,PS3,PS3 e Xbox 360) sono risultate in crescita del 3,8% a volume (con 1,44 milioni di pezzi venduti) e solo in lieve calo a valore (-1,3% per 317 milioni di euro di fatturato). Le vendite software sono complessivamente in crescita del 2,9% a valore (646 milioni di euro), nonostante un calo dell’1,1% a volume (probabilmente grazie al prezzo maggiore dei giochi per home console rispetto a quelli portatili). Sempre in calo il software PC (-20% a volume e -15,4% a valore). I top seller dell’anno sono stati i due titoli calcistici: PES 2011 (1°) e FIFA 11 (2°), con FIFA World Cup South Africa 11°. I blockbuster del Natale, Call of Duty Black Ops e Assassin’s Creed Brotherhood sono rispettivamente 3° e 5° per l’anno solare. Non è chiaro, dai dati riportati dal Sole 24 Ore, quale sia stata l’incidenza a valore e a volume delle piattaforme Xbox 360 Kinect e PS Move sul fatturato complessivo ma, dalle informazioni che abbiamo raccolto, i due sistemi per il motion gaming hanno avuto un ruolo importante nel limitare la flessione del business. L’Italia resta quindi il quinto mercato europeo, dopo UK, Francia, Germania e Spagna, ma il divario dai nostri cugini spagnoli si sta assottigliando (1,1 contro 1,2 miliardi di euro).
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